Ritiriamoci ma con amore!



In giorni come questi, mi chiedo come possa mettersi lo yoga al servizio, soprattutto nel momento in cui siamo invitati a ridurre al minimo indispensabile la nostra vita sociale. Mentre leggevo ripetuti messaggi con l’invito a muoverci il meno possibile per limitare la diffusione del Coronavirus, mi è venuta in mente -in tutta la sua bellezza- l’esperienza del ritiro: meravigliosa pratica di purificazione e di consapevolezza. 

“Ritiro” significa anzitutto “allontanarsi”, “prendere distanza”. Dalle nostre case, dalle vite quotidiane, da ciò che ormai facciamo in automatico. Prendere distanza persino da noi stessi: mentre ci osserviamo e ci abbracciamo, contenendoci. Vuol dire mettere in silenzio la mente e provare a sentire con ogni altro senso, dando voce a ciascuna delle cappe del nostro essere. 

Nella scuola nella quale ho realizzato il mio istruttorato –Ananda, Montevideo- realizzavamo il nostro ritiro annuale a fine anno: fine novembre o dicembre. Ci ritiravamo, proprio nei giorni in cui esplodeva la primavera, in un convento alle porte di Montevideo, per interi giorni dedicati alla pratica. Ma anche a noi stessi e al legame della nostra comunità. Ricapitolavamo un anno, dialogavamo, prendevamo appunti. Dormivamo in spazi comuni. Condividevamo silenzio e digiuno, la pratica delle asana e i momenti di meditazione. Ci svegliavamo all’alba e realizzavamo una meditazione camminata sull’erba ancora bagnata dalla rugiada. E ci ritrovavamo sotto le stelle a tarda sera, una volta terminate le attività in calendario e dopo aver igienizzato accuratamente la cucina e gli spazi comuni. Cantavamo anche, per chiudere in allegria le nostre giornate. 

Abbandonavamo per alcuni giorni il nostro caos quotidiano per ritrovarci a tu per tu con noi stessi e con la pratica. Ma non era solo questo: il ritirarsi comportava dei rituali precisi, alcuni dei quali venivano compiuti già prima del suo inizio. Il giorno precedente, per esempio, quando preparavamo con calma il nostro zaino e qualche piatto vegetariani da offrire a chi -per condizioni di salute o per desiderio proprio- decideva di non digiunare. Andavamo a letto presto e dopo una cena leggera. Ci alzavamo all’alba per ritrovarci davanti alla porta di Ananda e partire tutti assieme: in silenzio, distribuendoci sulle macchine di chi aveva macchina. E lì iniziava un viaggio dal quale uscivamo rigenerati e leggeri; purificati e impregnati di amore e fiducia. Mi mancano molto quei momenti devo dire. 

Ecco: ritirarsi a volte è necessario. E questo è uno di quei momenti. Ma sapendo che la pratica del ritiro ha bisogno di ritualità e di impegno. Di amore e di condivisione.

Condivisione mi chiederete? Si, certo! Ci sono molti modi di farlo, anche in ottemperanza ai divieti. Però guai a pensare che non c’è nulla che possiamo fare per gli altri. C’è chi si attrezza, per esempio, per offrire agli anziani soli di portare loro la spesa. Ecco: pensiamoci in ritiro ma con lo sguardo rivolto all’orizzonte. Prendiamo distanza dal pessimismo e dal giudizio, dalle parole pronunciate senza pensare e dalla rabbia. Scegliamo ottimismo e compassione. Ritiriamoci ma con amore! 

Om Shanti!

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