Prendersi cura del risveglio: una pratica di benessere e di libertà


Nella pratica di yoga che realizzo e insegno, le mie fonti sono senz’altro i libri su cui ho studiato e le pratiche che ho condiviso con il mio maestro e con i colleghi e le colleghe istruttrici. Ma sono anche le mie personali esperienze. 

Un giorno di qualche anno fa (anno 2010, Montevideo) ho “dovuto” cominciare a prendermi cura dei miei risvegli. Nel linguaggio che la pratica mi invita ad usare, il termine “dovere” non esiste quasi. Ma in questo caso esiste. “Dovevo” riprogrammare i miei risvegli, perché la mia mente era sempre più in sofferenza. Praticavo yoga da tre anni, ma adesso la pratica mi chiedeva sempre più di uscire dalla classe e di penetrare nella vita. Toccava a me riaprire i sigilli. 

Ero abituata a risvegli frettolosi, ad entrare immediatamente -con la mente almeno- nella giornata. Al alzarmi di corsa. A prendere il caffè di corsa. A entrare nella doccia di corsa ed uscirne altrettanto in fretta. E poi colazione veloce, check mail e lista delle cose da fare nella giornata: tutto questo prima di uscire da casa al mattino, perché in ufficio non c’era uno spazio tranquillo per me. La tensione più grande mi veniva dalle comunicazioni e dalle reti. C’erano sempre decine di messaggi ad attendermi quando accendevo il cellulare o scaricavo la posta. Tutto “urgente” o “importante”. Però, mi rendevo conto che era il momento di rivedere il punto in cui avevo fissato le mie frontiere. Nessuno l’avrebbe fatto per me.  

Quando decidi di modificare una determinata pratica, è importante avere una strategia. Ed il mindfulness mi offriva importanti strumenti di riflessione. In particolare, mi veniva in soccorso la pratica dell'attenzione piena, che ci invita a stare nel presente e a concentrare la nostra coscienza su quello che stiamo facendo, prendendo distanza da tutto il resto. Così, la mia strategia fu scegliere un paio di azioni semplici e amate da ripetere ogni giorno al mattino, mentre la mente si andava depurando ed avrebbe accettato, piano piano, di percorrere altri sentieri. 

Le due azioni che scelsi furono prendere il caffè con presenza piena (da buona italiana adoro il caffè del mattino) e occuparmi delle mie piante. Ne avevo poche ma pian piano aumentarono. Ed io che credevo di non avere il pollice verde, mi sono ritrovata ad avere una selva in balcone. Furono dieci minuti all’inizio, poi venti, poi mezz’ora, poi ancora di più. E cominciai a ritagliarmi un tempo nuovo per me. E cominciai a respirare in un altro modo e con un’altra ampiezza. 

Raccontato così, può sembrare semplice e lineare. Ma nei fatti all’inizio fu un processo faticoso. Avete provato a decidere di tenere il cellulare spento per almeno una parte della giornata? O di resistere alla tentazione di leggere le novità sulla diffusione del Covid-19 in questi giorni? Ecco: è qualcosa del genere. 

Si tratta di riprogrammare la quotidianità, ed ha dei risvolti veramente interessanti. Significa rivedere la lista delle priorità: però nella pratica, perché succede che nella teoria le priorità le abbiamo più chiare di quanto poi non si riveli nella pratica. Significa spostare l’attenzione da luoghi esterni, per riportarla dentro di noi. Significa accettare di guardarci allo specchio, con lo sguardo rivolto a quello sguardo che vediamo sullo specchio. Ci avete provato? È come assumere la sfida di passare del tempo con noi stessi, in silenzio, meditando. È un cammino che all’inizio ci può mettere in difficoltà, ma nel quale ci ritroviamo -prima o poi- più liberi e più libere. 

L’esperienza mi dice che fa bene. I libri lo confermano😉. Dunque, tornando al tuo risveglio, comincia a pensarci. Decidi il tuo rituale mattutino ed inizia con una pratica di benessere queste giornate che richiedono forza e centratura. E, se ti va, poi scrivimi per raccontarmi la tua esperienza. 

Om Shanti

(Foto: Alba a Cabo Polonio, Uruguay, Capodanno 2015) 

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