𝗣𝗿𝗮𝘁𝗶𝗰𝗮𝗿𝗲 𝘆𝗼𝗴𝗮 𝗲𝗱 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 "𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝘁𝗮̀"

 


Ananda, casa de yoga y meditación è la scuola di Montevideo nella quale mi sono formata; ed è la mia comunità di origine. L'ultimo numero della sua rivista "Dharma" quest'anno 2020 è dedicato all'importanza di essere gruppo nella pratica. Scritta a tante mani e suggellata da questa copertina che ci ritrae tutti e tutte. 

Con gioia, pubblico qui una traduzione in italiano del mio apporto, mentre la rivista completa (in spagnolo) la potete leggere al seguente link: https://anandacasadeyogaymeditacion.com/revista-dharma-nro…/.

Gratitudine infinita ad Ananda sempre: lì è iniziato tutto🙏🏽💜



𝗖𝗢𝗠𝗨𝗡𝗜𝗧𝗔̀: la mia storia in Ananda


𝘌 𝘱𝘰𝘪 𝘩𝘰 𝘤𝘢𝘱𝘪𝘵𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘰𝘷𝘦𝘷𝘰 𝘤𝘢𝘮𝘮𝘪𝘯𝘢𝘳𝘦 𝘪𝘯 𝘱𝘶𝘯𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘱𝘪𝘦𝘥𝘪 𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘭𝘢𝘳𝘦 𝘴𝘰𝘵𝘵𝘰𝘷𝘰𝘤𝘦

(Maria Lai)

Se mi fermo a pensare all'importanza della comunità nello yoga, vedo due punti del cammino: vedo l'inizio e vedo il presente. E poi vedo un percorso indubbiamente vertebrato dalla comunità di Ananda e dal mio farne parte.

Ho iniziato a praticare yoga nel 2008. Come tantə, aspiravo a rilassare il corpo e a calmare la mente. Associavo yoga con leggerezza: molto altro non sapevo di questa antica disciplina. Ho scelto Ananda per caso: era a pochi isolati da casa. Ma di certo non è stato per caso che mi sono fermata lì a praticare per anni.

Martín è l’uomo che l’ha fondata: il nostro istruttore, professore e maestro. A quel tempo, portava i capelli lunghi ed aveva qualche kilo in meno. Non indossava abiti speciali e la sua “normalità” mi rassicurò.

Ho iniziato, dunque, a praticare e il rapporto con il mio corpo non è stato facile. Un corpo di quarant'anni che non ascoltavo abbastanza, in una vita molto concentrata sul lavoro della mente. Il mio corpo non mi dava "soddisfazioni", le posture non mi risultavano facili, la mente non voleva rimanere presente.

Volevo apportare dei cambiamenti alla mia vita. Volevo lavorare meno, dormire meglio, pensare di meno. In una parola: volevo amarmi di più. E nonostante il disagio iniziale, ci sono state sensazioni che hanno cominciato a conquistarmi.

Quando entravo ad Ananda, sentivo caldi toni di voce. C’era lì un bel modo di comunicare. Percepivo legami, comprensione e affidamento. Sentivo cura e ritualità. Non sapevo da dove provenisse la magia che percepivo. Ma sentivo che c’era una bella storia condivisa in quel luogo. C'erano rituali che venivano coltivati. C'erano impegno e disciplina. In una parola: c'era comunità. Una comunità di persone che condividevano una ricerca spirituale. E che accettavano la sfida di dirsi la verità.

Ho cominciato a sentire che avevo trovato ciò di cui avevo bisogno. E a poco a poco ho capito che non ero lì per il mio corpo. Dunque, come poteva il corpo essermi d’ostacolo? Se non venivo invitata a soddisfare criteri estetici? Se non si trattava di come mettere il braccio o la gamba? Ho capito che stavo cercando l'esperienza dell'affidamento: affidamento ad una ricerca comune. Amorevole, compassiva ed intrisa di pace. "Pace", come cantavamo tre volte alla fine di ogni pratica. E così anche il mio corpo ha trovato sollievo e ha iniziato a trovare piacere nel lavoro fisico.

È stato allora che ho iniziato a ritagliarmi tutto il tempo possibile per approfondire la pratica. Ho iniziato a frequentare gli incontri di meditazione e i ritiri che Martín organizzava in diversi momenti dell'anno. Ed ho iniziato a capire che quello che cercavo veramente era un gruppo umano in cui potessi porre le mie domande: sul senso della vita, sull'amore in tutte le sue forme, sugli aspetti della realtà che mi causavano sofferenza. E Ananda era questo: uno spazio nel quale lasciare che le domande ci attraversassero e si esprimessero attraverso i corpi. Un luogo nel quale leggere il nostro sentire, confrontandolo con i vissuti e gli scritti di maestri e maestre che la pratica avvicinava a noi. Era un luogo nel quale studiare, ovviamente. Dove gli studi e la pratica di Martín avevano edificato quegli argini forti di cui il nostro fiume di domande aveva bisogno per scorrere. Non tutto era piacevole, ovviamente. Perché a volte la verità fa male. Ma "verità" era ciò che volevo sentire.

Nel 2017, dopo 10 anni di vita in Uruguay, ho deciso di tornare qui in Sicilia. Ed è iniziata un'altra fase. Ma la comunità di Ananda rimane ancora sorgente di forza. Mi manca la sua vicinanza fisica, ma so che ne faccio ancora parte. E -grazie alla virtualità- riesco anche a scoprire una nuova dimensione dell'unione.

Scopro -per esempio- che non è essenziale partecipare alla pratica quotidiana per sentirmene parte. Che mi è sufficiente partecipare ad una classe (quando il fuso orario me lo consente) o collegarmi on-line in meditazione per sentire che non sono sola a sostenere il gruppo la cui pratica dirigo adesso. Per continuare a centrarmi nella mia pratica ed avere fede. E questo accade perché “il corpo ha memoria” e la storia condivisa risuona in me. (Quando parlo del corpo, ovviamente intendo tutti gli strati del nostro essere, al di là del corpo fisico. Tutto ciò che di me era ed è coinvolto nella pratica).

Se lo yoga è uno stile di vita, allora l'incontro con Ananda è il punto di partenza e dall'altra parte del filo ci io sono: qui e adesso. C'è il luogo in cui vivo. E c'è la comunità che -passo dopo passo- è nata in Ánima Yoga.

Ci è voluto un po’, ma nell'ultimo anno la pratica si è rafforzata. Ed è stato durante il primo confinamento dovuto alla pandemia (marzo-giugno di quest'anno), quando - dietro i monitor - abbiamo iniziato a sentire di essere una comunità. Un giorno, alla fine della pratica, un’amica ha detto: << Ti ringrazio Ada per tener vivo questo spazio, questo modo di vederci, di praticare, di salutarci dietro uno schermo, di tenerci e di abbracciarci con i nostri occhi. È yoga ma è molto di più>>. Quella frase di G. ci ha dato modo di iniziare a condividere riflessioni sulla direzione che lo yoga ci stava mostrando e sull'importanza che il gruppo aveva per noi. Tutte stavano sperimentando, come me in quegli anni a Montevideo, che lo yoga è molto più della pratica fisica.

Ananda ha compiuto alla fine dello scorso anno 20 anni. E penso che formarmi in una scuola così speciale ha fatto sì che io abbia chiaro che il gruppo è il centro e l'anima della nostra pratica. E a questa storia va il mio ringraziamento più totale!

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